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Confindustria-Cerved: le Pmi rallentano ma reggono lo shock

Le piccole e medie imprese italiane, pur con segnali di rallentamento, reggono agli shock sequenziali che negli ultimi anni hanno colpito il sistema economico. Nel 2022 crescono fatturato e valore aggiunto ma pesano l’inflazione e l’aumento del costo del debito. È la fotografia che emerge dal Rapporto Regionale Pmi 2023, realizzato da Confindustria e Cerved, in collaborazione con UniCredit, che analizza i conti economici delle circa 160mila Pmi italiane. Il Rapporto stima una sostanziale tenuta di fatturato (+2,4%), valore aggiunto (+1,4%) e Mol (+2,9%), che recuperano i livelli del 2019 (rispettivamente +9,1%, +8,7% e +14,9%). Questi indicatori però «sono accompagnati da evidenze che suggeriscono una possibile inversione di tendenza nel prossimo biennio», con segnali di rallentamento «più significativi nelle zone del Centro-Sud che lasciano ipotizzare un incremento del divario strutturale tra sistema produttivo settentrionale e meridionale.
 

Redditività in calo

I primi effetti dell’inflazione e dell’aumento del costo del debito fanno contrarre la redditività netta e gli utili delle Pmi: nel 2022 si stima infatti un calo del Roe dello 0,6% (dal 12% all’11,4%), con una riduzione più marcata al Centro e nel Mezzogiorno, mentre, Nord-Est e Nord-Ovest soffrono di meno. In parallelo, aumenta la quota di Pmi in perdita, passando dal 12,2% del 2021 al 27,9% del 2022, con effetti più significativi nell’Italia centrale (dal 13,4% al 29,8%). Diminuiscono invece i fallimenti su base annua (-34,7%) e le procedure non fallimentari (-49,4%), confermando la prosecuzione del congelamento delle chiusure che si osserva dal 2019.

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