La produzione industriale mostra segna di rallentamento, gli investimenti costano di più. Dobbiamo preoccuparci? All’apparenza no. Fa bene il governo a sottolineare gli aspetti positivi di un momento particolarmente fortunato per il nostro Paese che è cresciuto a ritmi superiori a quelli dei suoi partner. La fiducia e le aspettative sono elementi fondamentali. Ma guai a cullarsi nell’illusione che basti godere degli effetti di quanto fatto in passato.
Nella stessa relazione del governo al Parlamento sul Pnrr, raccontata da Enrico Marro sul Corriere, si capisce quanti sassolini ci siano stati lungo il percorso di crescita garantito dai contributi europei del Next generation Eu. E tutti legati a un solo problema: l’incapacità di spesa di ministeri ed enti locali. Questo per mancanza di competenze e poca «abitudine» agli investimenti dopo anni di austerità e contrazione delle risorse. Rimettere in moto la macchina non sarà facile. Soprattutto per un governo che dai primi passi si è caratterizzato più per gli atti «politici» che amministrativi. Sarà ancora più decisivo l’apporto che può arrivare dai privati.
È innegabile che tra consumi zavorrati dall’inflazione, investimenti rallentati da un costo del credito che è arrivato a marzo al 4,3%, e da un export che subisce il rallentamento dei nostri partner, l’attenzione deve essere massima.
Ancora una volta sarà decisivo l’investimento in tecnologia. Lo dimostra l’attenzione generale a quell’intelligenza artificiale che appare come un autentico salto tecnologico. Come notato nel bel libro di Marco Fortis e Alberto Quadrio Curzio «Crescere non è impossibile», pubblicato dal Mulino, il grande motore della rinnovata competitività del made in Italy risiede in gran parte in Industria 4.0. Cosa che ci ha permesso di poter contare su «ben 1.500 prodotti in cui siamo tra i primi 5 posti al mondo per migliore bilancia commerciale con l’estero».
Al di là dei grandi proclami, accelerare sulle agevolazioni agli investimenti in tecnologia e formazione è imprescindibile.
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