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Da Henry Ford a OpenAI: quel salto nel buio che è necessario correre

Sarà Gemini prodotto da Google Deepmind a diventare il nuovo standard di intelligenza artificiale generativa o ChatGpt di Open AI e Microsoft?
Riuscirà Elon Musk a esaudire il suo sogno di trasformare il settore automobilistico con la sua Tesla o la Byd del cinese Wang Chuanfu lo scalzerà definitivamente, dopo averlo già superato in quote di mercato nelle ultime settimane?
Quale sarà la fonte di energia più affidabile: elettrico, rinnovabili o magari il tanto citato nucleare di nuova generazione?
Difficile dare oggi una risposta a queste domande. Del resto, chi avrebbe mai detto anche solo cinque anni fa che Moderna con Pfizer avrebbe lanciato il primo vaccino a RNA messaggero durante il Covid, dopo che la sua inventrice lasciò addirittura l’accademia per lo scetticismo intorno alle potenzialità terapeutiche dell’mRNA? Eppure, grazie all’ostinazione nel perseguire il suo progetto innovativo a livello industriale, lo scorso anno Katalin Karikó ha vinto il premio Nobel per la medicina. L’innovazione radicale è sempre un salto nel futuro. Che, nel presente, significa un salto nel buio.
Per realizzarla, occorrono visione, competenze e tanta determinazione. Declamata e glorificata retrospettivamente, ai suoi albori è vista spesso con diffidenza e a volte anche con ironia. Quanti i dubbi e soprattutto le critiche su ChatGpt in questi mesi e quante le ironie sulle chimere di Elon Musk che, consapevole di tutto ciò, non perde occasione per alimentarle. 

Le tre regole

Anzitutto visione, dicevamo. Lo ricordò sagacemente in un’intervista Henry Ford, forte del successo del suo Modello T che ha cambiato la storia del trasporto prima negli Stati Uniti e poi nel mondo: «Se avessi chiesto ai miei clienti cosa avessero voluto, mi avrebbero risposto: cavalli più veloci». Bellissima un’intervista che gira sul web di un giovanissimo Jeff Bezos, agli albori della sua Amazon, in cui ripete al giornalista: «Internet è qualcosa di incredibile… Siamo fortunati di vivere questa epoca con questo strumento potentissimo». Era la fine del 1996 e molti di noi lo percepivano come un semplice mezzo di comunicazione per mandare e-mail. Chi lo avrebbe mai detto che Internet fosse l’embrione della quarta rivoluzione industriale e Bezos avrebbe scalzato giganti come Walmart, che dominavano imperterriti la distribuzione a livello mondiale?
Competenze, poi. Senza il know-how non si va da nessuna parte. La nostra leadership nei settori del lusso, dalla nautica alle automobili sportive, passando attraverso fashion e design, è figlia di grandi imprenditori innovatori. Ma anche della possibilità che hanno avuto di nutrire le loro startup di competenze artigianali e meccaniche nei nostri territori con un capitale umano che nasce e cresce in un mondo in cui si respira il bello dai tempi del Rinascimento.
Per questo, in un momento di rivoluzione industriale come quello attuale è fondamentale investire sistematicamente nello sviluppo di competenze digitali e nelle scienze naturali che stanno cambiando il paradigma di diversi settori, da quello della salute a quello dei materiali.
Infine, determinazione. Si dice che le tre parole di una startup di successo siano Execution, Execution, Execution. Contano creatività (appunto la visione dell’imprenditore) e competenze, ma poi ciò che fa veramente la differenza è la volontà di arrivare fino in fondo a una lunghissima maratona. 

 

I pionieri

Sempre per citare i grandi innovatori del secolo scorso, a chi domandava a sir Thomas Alva Edison le fonti del suo successo, rispondeva in modo sorprendente: «L’innovazione è 1% ispirazione (inspiration) e 99% sudore (perspiration)».
È stata la perseveranza di un giovane Bocconiano, Federico Marchetti, fresco di un master alla Columbia University, che nel 2000 avrebbe cambiato la recente storia del fashion facendo vendere l’abbigliamento, il prodotto di consumo più complesso in quanto «touch and feel», con un sito web: Yoox, oggi Y-Nap, diventato nel tempo lo standard di piattaforme di fashion online.
Tornando all’AI generativa, chissà se saranno appunto ChatGpt o Bard-Gemini. La prima è certamente forte del vantaggio della mossa iniziale, grazie al lancio pionieristico nel novembre 2022, oltre alle importanti risorse che Microsoft apporterà con il recente acquisto e all’integrazione di prodotti di scrittura, calcolo e grafica che usiamo quotidianamente. D’altro canto, per essere più competitiva, Google ha deciso di arricchire Bard, gemello di ChatGpt, con un sistema multimodale che permette al suo Gemini di imparare a produrre non solo testi, ma anche audio, video e immagini.
La gara è già partita e magari, come spesso capita con le innovazioni radicali, un tertius gaudens sta già immaginando di approfittarne e lanciare l’innovazione che tutti quanti un giorno impiegheremo di più.
E chissà se non sarà europeo. La rete di supercomputer pubblici per allenare l’AI è a disposizione, le startup ci sono. Mancano solo le grandi aziende che sul modello dell’Airbus inizino a credere che fare concorrenza ai grandi del tech americani e cinesi sia possibile.

 

(Fonte: Corriere Economia)

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