Due miliardi di nuovi finanziamenti nei primi sei mesi del 2023, erogati a 4085 micro-aziende o piccole e medie imprese. Sono i numeri delle fintech italiane, società fornitrici di servizi finanziari innovativi che, in un difficile contesto macroeconomico, stanno tentando di compensare il calo dei prestiti bancari.
Il calo del credito
A luglio, infatti, i finanziamenti degli istituti di credito alle aziende italiane sono diminuiti del 3,7%, calcola Jefferies, il peggior dato in Europa. Colpa dell’aumento dei tassi d’interesse che ha ridotto drasticamente la domanda e l’offerta di finanziamenti ormai troppo onerosi. Specie per le pmi che sono l’ossatura del tessuto industriale italiano, ma sono spesso considerate più fragili e dunque più rischiose dalle banche. «I requisiti patrimoniali sempre più severi costringono le banche a una maggior selettività nella concessione dei prestiti», spiega il presidente di ItaliaFintech, Sergio Zocchi. «Le fintech hanno invece una gran varietà di modelli operativi che conferisce loro maggior flessibilità nel credito e grande efficacia nel trasferire il risparmio all’economia reale».
I dati del fintech
L’anno scorso, così, gli operatori fintech nazionali hanno erogato 4,5 miliardi a oltre 11 mila imprese, somma che porta a 12 miliardi il totale dei finanziamenti dal 2019 e a 30 mila il numero di aziende beneficiarie. «L’impatto dell’aumento dei tassi si avverte anche nel nostro settore», ammette Zocchi. «Nel primo semestre c’è stato un calo del 14% nel volume dei prestiti da parte delle fintech», prosegue, «ma la contrazione è inferiore a quella del canale bancario e dipende anche dalla base di confronto: rispetto al 2022 sono venute meno importanti misure governative di supporto al credito per le imprese».
Le garanzie pubbliche
La loro rimozione è giustificata dalla fine delle crisi pandemica prima ed energetica poi. Secondo ItaliaFintech, però, il ritiro del sostegno pubblico è stato troppo rapido e indiscriminato. «La riduzione dei finanziamenti alle aziende con meno di 20 addetti è stata doppia rispetto alla media», ricorda, «gli schemi di garanzia andrebbero ricalibrati per favorire l’accesso ai prestiti di pmi e microimprese, le più esposte al rischio di esclusione dal credito». E di insolvenza, come dimostrano i recenti dati di Eurostat sull’incremento dei fallimenti in Ue al livello più alto dal 2015. Per il momento, comunque, le sofferenze non sono un motivo di preoccupazione per le fintech italiane. «L’aumento c’è ed è fisiologico alla luce delle condizioni di mercato, ma la tendenza è in linea con il settore bancario».
La questione extraprofitti
Piuttosto, l’associazione teme le conseguenze sul settore del provvedimento sugli extra-profitti bancari. «Penalizzerebbe anche le fintech che operano secondo modelli bancari», rimarca Zocchi. «La tassazione viene applicata sulla crescita dei ricavi senza distinguere se quest’ultima è il risultato di una maggior erogazione di credito, caratteristica delle banche fintech, disincentivando di fatto la crescita dei prestiti alle pmi».
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