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Decreto crescita: qualche ulteriore approfondimento

Ultimi approfondimenti sul Decreto Crescita

 

Abbiamo finora dedicato attenzione alle varie novità che il Decreto Crescita ha portato sul fronte delle agevolazioni, agevolazioni fiscali e semplificazioni per l’edilizia; oggi vogliamo concludere gli articoli dedicati al tema con gli ultimi approfondimenti di più varia natura:

 

Marchio storico di interesse nazionale

Viene introdotta la definizione di marchio storico di interesse nazionale. Secondo il nuovo art. 11-ter del D.Lgs. n. 30/2005, i titolari o licenziatari esclusivi di marchi d’impresa registrati da almeno 50 anni o per i quali sia possibile dimostrare l’uso continuativo da almeno 50 anni, che hanno assunto con l’uso nel mercato un particolare interesse storico nazionale e che sono utilizzati nel commercio per contraddistinguere prodotti o servizi realizzati presso unità produttive localizzate nel territorio nazionale, secondo criteri definiti con decreto del Ministro dello Sviluppo economico, possono ottenere l’iscrizione del marchio come marchio storico nell’apposito registro.

Inoltre, al fine di valorizzare i marchi storici nelle crisi di impresa, viene stabilito che l’impresa proprietaria o licenziataria di un marchio iscritto nel registro speciale dei marchi storici di interesse nazionale che intenda chiudere un il sito produttivo di origine o comunque quello principale, per cessazione dell’attività svolta o per delocalizzazione della stessa al di fuori del territorio nazionale, con conseguente licenziamento collettivo, notifica senza ritardo al Ministero dello Sviluppo economico le informazioni relative al progetto di chiusura o delocalizzazione dello stabilimento e, in particolare:

– i motivi economici, finanziari o tecnici del progetto di chiusura o delocalizzazione;

– le azioni tese a ridurre gli impatti occupazionali attraverso, incentivi all’uscita, prepensionamenti, ricollocazione di dipendenti all’interno del gruppo;

– le azioni che intende intraprendere per trovare un acquirente;

– le opportunità per i dipendenti di presentare un’offerta pubblica di acquisto ed ogni altra possibilità di recupero degli asset da parte degli stessi.

A seguito di questa informativa, l’impresa procede a individuare i potenziali acquirenti informando ogni tre mesi il Ministero dello Sviluppo economico delle proposte di acquisto ricevute e fornendo una relazione per ciascuna di esse. Qualora nessuna proposta di acquisto sia stata presentata o accolta, l’impresa comunica al MISE una relazione a consuntivo della procedura, evidenziando le ragioni che hanno portato a non presentare o accogliere le proposte.

Per salvaguardare i livelli occupazionali e la prosecuzione dell’attività produttiva sul territorio nazionale, nei casi di conclusione senza esito della procedura di acquisto, il MISE e l’impresa titolare o licenziataria del marchio storico avviano una collaborazione per l’individuazione di attività sostitutive per la reindustrializzazione e l’utilizzo del marchio storico stesso. Con decreto del Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, sono stabilite le modalità e i criteri di attuazione del presente comma entro 60 giorni dall’entra in vigore della presente disposizione.

 

Contrasto all’Italian sounding

Viene previsto il finanziamento, con 1,5 milioni annui, dei consorzi nazionali che operano all’estero, con un credito d’imposta del 50%, fino a 30.000 euro, per le spese sostenute per la tutela legale dei prodotti colpiti dal fenomeno dell’italian sounding.

Inoltre, viene istituito il registro dei marchi storici in chiave “anti delocalizzazione” ma l’iscrizione potrà essere solo volontaria e non d’ufficio da parte del ministero. Se il titolare del marchio vuole chiudere o delocalizzare, deve impegnarsi a cercare un acquirente.

Nasce un fondo da 30 milioni per interventi nel capitale di rischio delle imprese iscritte, che potranno anche accedere al Fondo di garanzia. La norma, ribattezzata “Pernigotti”, in realtà non si applicherà al caso dell’azienda ligure in quanto non retroattiva.

 

Obblighi informativi erogazioni pubbliche

Viene modificata in maniera significativa la disciplina contenuta nell’art. 34, commi da 125 a 128, legge n. 124/2017, sulla trasparenza delle erogazioni pubbliche.

A decorrere dall’esercizio finanziario 2018, i soggetti che esercitano attività d’impresa sono tenuti a pubblicate nella nota integrativa del bilancio d’esercizio ed eventualmente del bilancio consolidato gli importi e le informazioni relative a sovvenzioni, sussidi, vantaggi contributi o aiuti, in denaro o in natura, non di carattere generale, privi di natura corrispettiva, retributiva o risarcitoria a questi effettivamente erogati nell’esercizio finanziario precedente dalle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, D.Lgs. n. 165/2001 e dai soggetti di cui all’art. 2-bis, D.Lgs. n. 33/2013 (i.e. enti pubblici).

I soggetti che redigono il bilancio ai sensi dell’articolo 2435-bis del codice civile (soggetti che redigono il bilancio in forma abbreviata) e quelli comunque non tenuti alla redazione della nota integrativa assolvono all’obbligo pubblicitario in commento mediante pubblicazione delle medesime informazioni e importi, entro il 30 giugno di ogni anno, sui propri siti Internet o, in mancanza di questi ultimi, sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.

Gli obblighi informativi in commento devono essere adempiuti anche dalle associazioni, dalle fondazioni e della ONLUS che ricevono erogazioni pubbliche, le quali devono pubblicare le informazioni entro il 30 giugno di ogni anno, sui propri siti Internet, secondo modalità liberamente accessibili al pubblico o, in mancanza di questi sui portali digitali delle associazioni di categoria di appartenenza.

Quanto al regime sanzionatorio, viene individuato nel 2019 un periodo di moratoria, il che in termini operativi si traduce nel fatto che il mancato assolvimento degli obblighi in questione non verrà sanzionato. A decorrere dal 1° gennaio 2020, invece, la mancata indicazione nella nota integrativa o sul sito Internet delle erogazioni pubbliche ricevute comporterà l’irrogazione di una sanzione pari all’1% degli importi ricevuti con un minimo di € 2.000.

Competente ad irrogare la sanzione è l’amministrazione pubblica che ha erogato il beneficio o, in difetto, il Prefetto del luogo ove ha sede il beneficiario. Con il provvedimento di irrogazione viene inoltre stabilito il termine entro il quale dover ottemperare agli obblighi di pubblicazione.

Il perdurare dell’inosservanza degli obblighi in questione così come il mancato pagamento della sanzione entro il termine indicato nel provvedimento comportato l’integrale restituzione delle somme ricevute entro i tre mesi successivi.

 

Gestione degli enti del Terzo settore

Sono introdotte alcune semplificazioni per gli enti del Terzo settore. In primis l’equiparazione ai partiti non trova applicazione a tutti gli enti del Terzo settore iscritti al Registro unico nazionale e, nelle more dell’istituzione di quest’ultimo, ai soggetti iscritti negli attuali registri di settore. In ogni caso, per associazioni, fondazioni e comitati che rimangono fuori dal Terzo settore, il periodo di tempo da considerare per verificare se scatta l’equiparazione si riduce da 10 a 6 anni precedenti l’assunzione della carica, e viene individuato un numero preciso di componenti politici (almeno un terzo) oltre il quale l’ente deve sottostare agli adempimenti dei partiti.

Sul fronte della trasparenza (legge n. 124/2017), arriva la proroga del termine per gli adempimenti pubblicitari di enti non profit (associazioni, fondazioni e ONLUS) e imprese che hanno rapporti con la PA e vengono ridefinite le tipologie di entrate per le quali scatta detto obbligo.

I soggetti in questione dovranno pubblicare sul proprio sito internet (o, per le imprese, nella nota integrativa al bilancio), entro il 30 giugno di ogni anno, l’ammontare di sovvenzioni, sussidi, vantaggi, contributi o aiuti percepiti da parte di enti pubblici.

Cambia anche il trattamento sanzionatorio per le violazioni. Rispetto alla versione precedente, la sanzione si applica a tutti gli enti ed è pari all’1% degli importi ricevuti, con un minimo di 2.000 euro. Solo in caso di mancato pagamento di quest’ultima, si dovrà procedere con la restituzione delle somme.

Infine, si assiste al ripristino della decommercializzazione dell’art. 148, comma 3, TUIR per le associazioni assistenziali.

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