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Extraprofitti, le critiche della Bce: la tassa non va usata per risanare il bilancio

L’opinione della Bce riguardo alla tassa sugli extraprofitti bancari è arrivata al governo ed è tutt’altro che favorevole. In risposta a una richiesta del ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, la presidente della Bce, Christine Lagarde, ha inviato una lettera datata 12 settembre e pubblicata oggi sul sito della Banca centrale europea. Le critiche della Bce all’imposta del 40% sull’aumento dei margini d’interesse bancari si appuntano su tre questioni: politica monetaria, stabilità finanziaria, vigilanza bancaria.
 

Gli effetti sul credito

La prima preoccupazione della Bce riguarda gli effetti della tassa sugli extraprofitti bancari sulla trasmissione delle politiche monetarie. Lagarde ammette che il repentino rialzo dei tassi d'interesse ha portato a un immediato incremento dei margini d’interesse degli istituti, specie di quelli che hanno all’attivo molti prestiti a interesse variabile. Le conseguenze a lungo termine della stretta monetaria sono tuttavia meno positivi per le banche perché comportano un maggior costo della raccolta (obbligazionaria e tramite depositi) , perdite sul portafoglio titoli e una crescita degli accantonamenti in vista di eventuali insolvenze. Di conseguenza, l’effetto della politica monetaria restrittiva potrebbe rivelarsi «meno positivo, se non negativo» per le banche. Un’imposta che guardi solo alla prima fase del ciclo monetario - quella positiva degli interessi in aumento - potrebbe quindi compromettere la capacità degli istituti di affrontare la seconda fase - quella del probabile incremento delle sofferenze.

 

La sfiducia degli investitori

La Bce teme poi che la tassa sugli extraprofitti possa rendere più difficile per le banche creare cuscinetti di capitale indispensabili per resistere a eventuali crisi. Anche se il decreto del governo italiano statuisce che l’imposta sarà una tantum, per Francoforte «è necessaria una chiara separazione tra la natura straordinaria dei proventi e le risorse di bilancio generali di un governo per evitarne l’uso a fini generali di risanamento di bilancio». Lagarde avverte poi che la sua introduzione potrebbe minare la fiducia degli investitori sul settore bancario italiano, rendendo più costoso per gli istituti accedere al mercato dei capitali, azionario e obbligazionario. In altri termini, gli investitori potrebbero richiedere un premio aggiuntivo alle banche italiane che compensi il rischio di nuove, inattese, gabelle da parte del governo. Questi extra-costi per le banche finirebbero poi per trasferirsi ai finanziamenti alle imprese, aumentando il costo del credito in Italia a livelli più elevati che in altri Paesi europei. Inoltre, nota Lagarde, «la natura retroattiva della tassa sugli extraprofitti potrebbe alimentare la percezione di una cornice legale incerta e suscitare ampi contenziosi, creando dubbi sulla certezza del diritto».
 

I rischi per le banche più piccole

La Bce nota infine che la tassa ha vocazione ad applicarsi sia alle grandi banche sotto la sua vigilanza sia alle piccole banche sotto la giurisdizione di Banca d’Italia. Queste ultime rischiano di essere le più colpite: la loro attività è concentrata sul credito e quindi i loro bilanci dipendono sopratutto dal margine d’interesse, quello colpito dall’imposta straordinaria che invece non riguarda le commissioni tratte dalle attività assicurative e di gestione del risparmio. È pur vero che il governo ha stabilito un tetto al contributo che non potrà superare lo 0,1% degli attivi totali delle banca. Non è tuttavia chiara la definizione di questo parametro: se faccia riferimento cioè allo stesso perimetro utilizzato per definire la base imponibile della tassa (i prestiti e quindi il margine d’interesse) oppure agli attivi totali dell’istituto a livello consolidato.

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