Il valore della stabilità politica si sta misurando in termini di indici di fiducia e spread. Secondo l’Istat, la fiducia delle imprese a marzo è salita da 109,2 a 110,2, quella dei consumatori da 104 a 105,1, in crescita per il secondo mese consecutivo. Lo spread, nonostante le turbolenze delle ultime settimane, è attorno a quota 180, e potrebbe scendere ancora. Due segnali positivi da non sottovalutare. Anche perché aprile sarà il mese del Def, il Documento di economia e finanza, nel quale si inizierà a delineare il quadro di risorse che il governo intende allocare alle varie poste di bilancio.

Ma proprio quella fiducia è indizio delle aspettative che cittadini e famiglie nutrono nei confronti dei provvedimenti che verranno presi. In una condizione non certo di bilancio favorevole. Alcune incertezze sul PNRR; l’assenza perlomeno apparente della consapevolezza sull’importanza di riqualificare la spesa pubblica attraverso una sua revisione, per evitare che le risorse finiscano a luoghi e persone sbagliate; come pure il grande rebus di una tassazione che resta elevata, inducono a una doverosa cautela sul fatto che la stabilità si trasformi in automatica azione riformatrice. A ben vedere, in tutti i casi, la radice delle incertezze risiede in quel grande ostacolo all’agire del governo e all’attuazione delle sue scelte che si chiama struttura e persone dello Stato.

Da un lato per una presunzione della politica di pensare che a lei tocchino solo le scelte alle quali altri daranno le gambe, dall’altro alla presenza di strutture costruite più per frenare che agevolare i processi. A questo si deve aggiungere, come nel caso del PNRR, una malcelata volontà della politica di cambiare e imprimere un proprio timbro all’agire di una burocrazia che in teoria dovrebbe essere neutra rispetto al colore del governo. Tutte eredità di un periodo nel quale la stabilità era se non un sogno, qualcosa che sembrava lontana dal realizzarsi.