Se il giudice supremo fossero gli applausi, Giuseppe Conte avrebbe registrato una sconfitta cocente, Elly Schlein non sarebbe neanche entrata in gara e Carlo Calenda avrebbe portato a casa meno punti di un anno fa. Ieri a Villa d’Este la folla di imprenditori — non pochi con azionisti pubblici, o concessioni dello Stato, o contratti di governo — ha finito per promuovere in un sondaggio l’operato, fin qui, del governo stesso: circa il 30% ne ha dato una valutazione negativa, ma poco più del 50% ha un giudizio da sufficiente a molto positivo. E l’impressione del Forum Ambrosetti è che donne e uomini d’impresa, dopo aver sentito gran parte dei messaggi dell’opposizione, di colpo trovino il governo più accettabile.
Eppure se gli applausi fossero il metro di tutto, la sala avrebbe dato responsi disomogenei. Meno apprezzate le figure più puramente politiche: reazioni solo formali per il ministro delle Imprese Adolfo Urso o per quella delle Riforme Elisabetta Casellati. Più convinte invece per i tecnici o quelli che parlano con precisione e misurabilità da tecnici. Così a Cernobbio funziona Raffaele Fitto, quando il ministro per gli Affari europei va al punto e propone «una riflessione spesso omessa — dice — sui 152 miliardi di debito dal Piano nazionale di ripresa e dal fondo nazionale». Semmai in sala qualcuno — anonimo in quanto politicamente scorretto — nota che del Pnrr gli altri ministri non parlano granché, quasi a lasciare la responsabilità di eventuali problemi a Fitto stesso; non importa che il Piano sia la sola idea per la ripresa oggi in Italia.
Funziona a Cernobbio ancor più Carlo Nordio, che del Pnrr parla per gettare acqua gelida sulle chance di rispettarne i tempi di riduzione dell’arretrato nei tribunali. Il ministro della Giustizia piace perché è lucido e specifico come pochi altri suoi colleghi. Resta giusto il sospetto che incassi l’applauso più lungo della mattinata solo perché alla fine propone una dose massiccia di tutele in più contro gli arresti di indagati che, constata, spesso si sono dimostrati ingiusti: parole che scaldano i manager di Villa d’Este facendoli sentire più protetti. Ma se c’è un momento in cui davvero succede qualcosa al Forum, è alla fine. La platea è stanca, affamata.
Le due sono passate da un pezzo e tutti sono lì da sei ore. Eppure parte da sé l’unico applauso a scena aperta di tutta la tre giorni: è per Giancarlo Giorgetti, oltretutto nel momento in cui il ministro dell’Economia riconosce che modi e comunicazione della tassa sugli extraprofitti delle banche erano sbagliati; ma la tassa era «giustissima». Lo dice anche se l’ennesimo sondaggio in sala l’aveva appena bocciata. Succede, semplicemente, che il popolo di Cernobbio è sorpreso da Giorgetti. Dal suo messaggio e persino dal tono. Il ministro legge da un foglietto che ha scarabocchiato fino all’ultimo. E le parole gli escono come se fosse saltato un tappo. Non si limita a dare il messaggio che gli obiettivi di deficit e debito non cambieranno. Parla con urgenza e la sala lo sente, tanto che si crea un po’ di elettricità malgrado la stanchezza dell’ora. Dice Giorgetti: «Il problema resta l’offerta, la sua ricostruzione per via di intenti pubblici sani e decisioni private efficienti. La nostra capacità produttiva deve aumentare e occorre accrescere la produttività. Ma se insistiamo a far fare allo Stato la parte del Re Sole che distribuisce prebende, non andiamo lontani». E ancora: «Le rendite sono la questione più dolente, quella del loro eccesso rispetto ad altre nazioni europee». Non è il compitino del ministro; condivisa o no nel governo e fuori, è una visione dell’Italia. Un’accusa agli eterni corporativismi che, dice Giorgetti, gonfiano i costi «come nei primi anni dell’euro»(quando al potere, spesso, c’era Silvio Berlusconi).
«Giorgetti sembrava quasi un ministro del governo di Mario Draghi — nota Gianluca Garbi di Banca Sistema — barra dritta, niente giri di parole». «Ho visto discontinuità con le abitudini politiche italiane», dice Carlalberto Guglielminotti di Nhoa (mobilità elettrica). Simile il commento del francese Bernard Spitz, del Medef e organizzatore del Forum economico annuale franco-italiano (il quale peraltro ha apprezzato anche l’apertura al nucleare fatta da Matteo Salvini): «Da Giorgetti un’ispirazione liberale». Ma chiosa caustico un imprenditore rigorosamente senza nome: «A Cernobbio, ha fatto il miglior discorso dell’opposizione».
(Fonte: Corriere Economia)
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