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Gherardi (mr Crif): credito e liquidità, se dovete investire fatelo subito

Classe 1955, Carlo Gherardi è un imprenditore bolognese che ha fatto del riserbo quasi una religione. Nel 1988 fondò Crif, un credit information provider e quella scelta si è rivelata una felicissima intuizione. Oggi la società, di cui è azionista di maggioranza, presidente e amministratore delegato, comanda la lista dei grandi player europei (in stretta competizione con Experian e Dun&Bradstreet) e si considera il quinto operatore mondiale del settore dietro solo alle corazzate americane. Non contento dei successi di Crif, Gherardi è diventato di recente, con il 53%, il principale azionista di Nomisma, la società bolognese di ricerca economica e consulenza che è stata fondata nel 1981 da Nerio Nesi e Romano Prodi. Un’operazione che il presidente di Crif spiega così: «Abbiamo interpretato il ruolo del guardiano del faro. In Nomisma ci sono un centinaio di azionisti, ho visto maturare cose che non mi piacevano, ho pensato che fosse giusto intervenire e metterla al sicuro incrementando la nostra quota. Nomisma ha una grande storia e ha diritto anche a un grande futuro».
 

Crif ha indicato in consiglio di amministrazione solo due membri, i suoi uomini non ricoprono cariche operative e ha concorso però alla nomina al vertice di Maurizio Marchesini, vice-presidente nazionale di Confindustria. «Abbiamo fatto un’operazione come quelle che gli americani definiscono di corporate citizenship. Del resto è giusto che in certe fasi della vita si facciano delle scelte utili per la città che si ama e per il territorio». Un’altra di queste sortite — su tutt’altro campo — è stata quella di rilevare un’area abbandonata sulla collina bolognese (a Varignana), restaurarne l’antico borgo e il palazzo e creare a fianco un resort agricolo. «Mi sono sempre occupato di business digitali e avevo voglia di investire in qualcosa di fisico. Così sono diventato contadino, ho piantato la bella cifra di 150 mila ulivi e mi dedico alla loro coltivazione. Mi hanno dato persino un’onorificenza». A Varignana accanto alle piante dell’olio Gherardi ha trovato il tempo di costruire anche un campus di Crif e di far nascere Boom, un polo dell’innovazione per la formazione e l’attrazione di talenti.

Nelle parole del suo fondatore Crif svolge un ruolo importante nell’accelerare e fluidificare l’economia reale perché se c’è asimmetria informativa gli operatori finiscono per avere il braccino corto e non prendere le decisioni necessarie alla crescita. «È così vero che infatti la World Bank favorisce la nascita e l’installazione di credit bureau in Africa proprio per smuovere lo sviluppo del continente». Tornando però a bomba in Italia come vede Gherardi l’evoluzione del merito di credito? «Veniamo da anni buoni ma oggi siamo davanti a un evidente peggioramento. Tassi alti, stipendi fermi, minore disponibilità di denaro, pagamenti alle imprese peggiorati. La verità è che le strette monetarie cercano di contrastare l’inflazione, ma riducono la liquidità e finiscono per condizionare le scelte future delle banche nel campo dei finanziamenti». E purtroppo, secondo il presidente di Crif, la situazione è destinata a peggiorare. «Agli imprenditori dico: “se dovete investire fatelo adesso, dopo l’estate sarà peggio”». Negli Stati Uniti Gherardi vede una tendenza delle banche regionali a plafonare i finanziamenti e di conseguenza si aspetta l’arrivo di molte nubi in materia di liquidità, «anche perché appena c’è odore di sangue, i depositi si spostano dalle banche locali alle big». In Europa il sistema bancario è più solido, ma alle viste c’è comunque una contrazione del credito dovuta alla riduzione della liquidità circolante. «Questo mi fa dire ai signori della Bce, che pure hanno tutti gli strumenti per decidere, di aumentare i tassi se lo ritengono necessario, ma di accrescere anche la liquidità. E quanto agli investimenti la peggior cosa che potrebbe succedere è fermare il digitale. C’è bisogno di Industria 4.0, di Agricoltura 4.0. Sono scelte fondamentali per il futuro». In Asia l’economia cresce talmente che il sistema bancario basta a sé stesso, secondo Gherardi. Sono le tensioni geopolitiche a fare la differenza: la Cina ha una politica aggressiva non solo verso l’Ovest, ma anche in direzione degli altri Paesi asiatici. E questa costituirà un’ulteriore spinta alla proliferazione di politiche di reshoring. «Vedo infatti una forte tendenza al ritorno delle produzioni in Occidente da Paesi giudicati geopoliticamente complessi e sui quali non ci facciamo più illusioni. Bisogna investire sul reshoring».


 

Imprese e famiglie
Se queste sono le grandi linee secondo le quali si muoverà il credito nel mondo, quali sono nel dettaglio le tendenze del mercato italiano? Una novità è la risalita del tasso di insolvenza delle imprese, spiega Simone Capecchi, direttore esecutivo di Crif. «Per carità è solo una segnalazione, ma era parecchio tempo che i tassi di default scendevano. Dal gennaio 2023 vediamo una risalita, e pur nell’ambito di una media che è tra le più basse d’Europa, l’inversione c’è stata e ha raggiunto il 2 per cento». Oggi a soffrire di più sono i settori del leisure e poi logistica, trasporti e alimentare mentre il farmaceutico gode di un outlook ottimo. Altro fenomeno in itinere è quello della contrazione di credito alle imprese, stimato da Capecchi nel 6% per le individuali e del 2,4% per le società di capitali. La tendenza è ovviamente dovuta all’aumento dei tassi, ma anche al clima di incertezza legato al rincaro delle materie prime, in particolare energetiche. «Dopo anni di ribasso i tassi sono tornati a livelli, che possiamo considerare normali, tra il 2,5 e il 4 per cento». I rialzi di Francoforte hanno avuto un impatto anche sulle famiglie, in particolare nel comparto delle richieste di mutui, dove si è registrata una contrazione del 23,8%. Le surroghe sono scese addirittura del 57,2 per cento. «La domanda scende più dell’erogazione. Le famiglie possono posticipare le spese e quindi si comportano così, non altrettanto possono fare le imprese con gli investimenti. Non possono rinviarli», chiosa Capecchi. Sui bilanci delle banche i tassi in salita stanno determinando guadagni estremamente significativi: i conti del primo trimestre 2023 sono da incorniciare: si stimano almeno 5 miliardi, il triplo rispetto al corrispondente trimestre del 2022. «Ma le loro performance non derivano solo da questo guadagno passivo, bensì da una grande spinta data dalla pandemia alla digitalizzazione dei processi e dell’offerta». Si accede a numerosi servizi direttamente dallo smartphone e dal personal computer, per cui non è più indispensabile recarsi fisicamente allo sportello. A questo va aggiunto anche un costante e continuo ridisegno dei processi organizzativi delle banche, mirati al miglioramento del rapporto costi/income, come ad esempio la contrazione delle filiali sul territorio (tema entrato però nel mirino dei sindacati dei bancari con una manifestazione della Uilca tenutasi giovedì scorso a Milano davanti alla Regione Lombardia).

Pnrr 

Gli investimenti delle imprese non appaiono invece ancora intaccati dalle dinamiche in corso. «Piuttosto — sostiene Capecchi — la vera partita si gioca sul Pnrr, dove in Italia da un lato ci sono le grandi imprese che sono seguite bene dalle banche. Dall’altro però gran parte del tessuto imprenditoriale è composto da Pmi, che spesso non hanno minimamente idea di come funzioni il Pnrr, di come accedere ai bandi e magari vincerli. Qui sarà fondamentale mettere in campo strumenti e iniziative per aiutare i piccoli imprenditori, processo al quale devono lavorare le istituzioni, il settore bancario e soggetti come il nostro Crif».

 

(Fonte: Corriere della Sera)

 

 

 


 

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