Katia Da Ros, Irinox: «Aziende familiari resilienti, ma bisogna aprirsi all’esterno. E va sostenuta Industria 5.0»
Regole chiare per la successione, ma anche più giovani e donne nel consiglio d’amministrazione, più manager esterni e un rapporto costante con il territorio. Sono i quattro pilastri di un’azienda familiare che funziona secondo Katia Da Ros, imprenditrice di seconda generazione, socia e amministratrice delegata di Irinox oltre che vicepresidente di Confindustria. Tra Conegliano e Vittorio Veneto il gruppo produce abbattitori di temperatura e quadri elettrici in acciaio inox per tutto il mondo, con clienti come Google, Linkedin e Amazon Fresh negli Usa, in Italia ristoranti come Da Vittorio e pasticceri come Iginio Massari, gli hotel Park Hyatt e Principe di Savoia a Milano, il De Russie a Roma. Inclusa nei Champions selezionati da ItalyPost per L’Economia del Corriere, Irinox è un esempio di azienda familiare illuminata, per la gestione dei processi societari. «La governance è importantissima per tutte le aziende, ancora di più per quelle familiari – dice Da Ros –, perché devono gestire la sovrapposizione di tre figure: azionista, manager e famiglia. Le imprese con i migliori risultati sono quelle che hanno incontri periodici fra i tre profili. È fondamentale la chiarezza sui ruoli, perché le informazioni circolino e non siano riportate». Dev’essere, però, un processo regolamentato: «La governance è un mestiere da professionisti, servono consulenti terzi che portino esperienza. Noi abbiamo aperto il board e lo rifaremo, a breve entreranno più consiglieri indipendenti. Un board aperto porta confronto, stimoli, esperienza. Ti consente di alzare la palla».
Le nuove generazioni e il patto di famiglia
Anche la successione è codificata. Da un paio d’anni l’azienda ha un patto di famiglia con indicazioni per i figli che vorrebbero entrare. Gli eredi sono cinque, tra i 20 e i 40 anni (il capitale è diviso fra Katia con il padre Florindo, presidente, in maggioranza, e le famiglie Granziera e Tonon). «Da noi la “next gen” ha regole d’ingaggio — dice l’amministratrice delegata —: saranno loro i futuri azionisti e li stiamo educando al nuovo ruolo». Tra i requisiti: laurea, lingua straniera, esperienza fuori azienda. Poi ci sono gli incontri, «due volte all’anno con il board. Momenti importanti, di confronto». In breve: le aziende familiari «sono la spina dorsale del Paese, sono resilienti più di altre — dice Da Ros —. Ma devono aprirsi». È anche una spinta verso la parte «s», sociale, dell’acronimo Esg.
La sostenibilità e la crescita
«Sulla governance si gioca anche la partita della sostenibilità, su cui puntiamo molto. Siamo cofondatori della Regenerative society foundation, abbiamo sottoscritto da partner l’Un global compact. E siamo diventati società Benefit nel 2022».
Fondata nel 1989 da Florindo Da Ros — l’amministratrice delegata si definisce «di generazione prima e mezza» perché entrò in azienda quasi subito, nel 1992, dopo la laurea in Economia aziendale a Cà Foscari —, Irinox dichiara per il 2023 ricavi a 77 milioni, in linea con il 2022.
«Siamo in una fase di crescita importante, in media il 35% nel 2021 e 2021-22. Abbiamo chiuso il piano 2020-2023 in due anni. Prevediamo di crescere del 10% quest’anno a oltre 80 milioni, il margine operativo lordo resta intorno al 20%».
Gli incentivi
Dietro l’incremento c’è la scelta di espandersi negli Usa: «Coprono ormai un terzo dell’export che è il 66% dei ricavi». È un motore di crescita del gruppo, a fianco di Italia, Germania e Giappone. Ma c’è anche Industria 4.0, «che ha aiutato gli investimenti dei clienti — dice Da Ros—. Quando ci sono politiche espansive e interventi per stimolare gli investimenti la crescita arriva. Lo abbiamo visto con Industria 4.0: ha coinvolto 45 mila imprese, hanno fatto investimenti che altrimenti non avrebbero avviato». Ora il piano Industria 5.0 è stato approvato dal Consiglio dei ministri, si attendono i decreti attuativi. «Stessa direzione. Prevede 6,3 miliardi per il 2024-25 che sommati a Industria 4.0 fanno 13 miliardi per le imprese italiane. Si spinge su digitalizzazione ed efficientamento energetico, due punti che ci rendono resilienti e competitivi».
Gli investimenti
La crescita di Irinox è sostenuta da un piano rilevante di investimenti. «Per quest’anno prevediamo dieci milioni — dice la ceo —. Si sommano ai 21 milioni degli ultimi tre anni, circa il 10% del fatturato. Sempre con mezzi propri e solo in parte a leva, preservando la sostenibilità finanziaria». Sono risorse sono destinate a ricerca, digitalizzazione e in particolare alla sostenibilità (dal risparmio energetico alla riduzione delle emissioni con l’impiego di gas non inquinanti) , con un percorso per diventare climate positive nel 2040. Sono stati poi rafforzati i tre stabilimenti, la cui superficie è salita da 18 mila a 24 mila metri quadrati. «Il vero investimento, però, è sulle persone — dice Da Ros — con il progetto per l’Academy, l’asilo interaziendale che serve più imprese, la parità di genere e un piano formativo di peso, anche per attrarre talenti».
Le tre divisioni, la parità di genere
Con 385 dipendenti e cinque filiali estere il gruppo ha tre divisioni: gli abbattitori di temperatura professionali, per hotel, ristoranti e pasticceria; quelli domestici, per le case: linea in sviluppo che conta sul cambio dello stile di vita (si riduce la temperatura di cibi appena cotti, ancora caldi, mantenendoli freschi, come appena cucinati); e i quadri elettrici in acciaio inox.
In dicembre Irinox ha ottenuto la certificazione della parità di genere. «McKinsey stima che se il livello di occupazione femminile fosse pari al maschile il Pil salirebbe di 12 punti», dice Da Ros. Altro tema che le sta a cuore è la comunità locale. «Le imprese hanno un ruolo di collante nel territorio — dice —, sono indicatori di benessere. Gli investitori sono attratti dal potenziale delle aziende e oggi la sostenibilità sociale è valutata in modo diverso dal passato».
(Fonte: Corriere Economia)
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