I tassi d’interesse ufficiali sono saliti di quattro punti percentuali in meno di undici mesi, un aumento di rapidità senza precedenti per la Banca centrale europea e per le principali banche centrali nazionali europee prima dell’euro. È un cambio radicale, determinato da un’esplosione dell’inflazione nell’area euro da livelli sotto zero al 10,6% in meno di due anni (con il picco a ottobre del 2022). Ma in quali condizioni l’economia italiana affronta la trasformazione del suo ecosistema.
Come l’economia italiana sta affrontando il cambiamento
Non esiste un’unica risposta a questa domanda, perché per molti aspetti il sistema sembra relativamente in salute come in poche fasi attraversate nell’ultimo quarto di secolo; per altri aspetti invece stanno emergendo tensioni e situazioni di stress. Non a caso anche il confronto con il resto dell’area euro è in chiaroscuro: l’Italia nel primo trimestre del 2023 è cresciuta dello 0,6%, mentre l’area euro entrava in recessione con un secondo trimestre di fila a meno 0,1%; ma il calo dell’inflazione in area euro (al 6,1% in maggio) si sta rivelando più rapido, mentre l’Italia sembra avere problemi strutturali con un calo rallentato dell’inflazione che a maggio resta ancora al 7,6%.
Gli elementi di maggior fragilità: produzione industriale e credito
Partiamo dunque dagli aspetti di maggiore fragilità, quelli nei quali le cose non vanno bene.
- Va decisamente male la produzione industriale, la spina dorsale del sistema produttivo, con una caduta che dura ormai da quattro mesi e una contrazione annua del 7,2% nella quale spiccano i cali del tessile o della metallurgia.
- Va male anche il credito, in particolare alle imprese. L’ultimo Bollettino Banche e moneta della Banca d’Italia, pubblicato tre giorni fa, mostra come l’aumento dei tassi stia producendo i suoi effetti più classici: i flussi di credito alle società non finanziarie sono negativi ormai da otto mesi, dunque lo stock dei prestiti esistenti per le società non finanziarie da agosto è tornato a diminuire (di 37 miliardi) dopo una ripresa del credito che durata dall’inizio del 2020.
- Va relativamente male anche un terzo fattore, che tradizionalmente era un punto di forza dell’economia italiana: il risparmio delle famiglie. Nell’ultimo trimestre registrato da Eurostat, il quarto del 2022, il tasso di risparmio delle famiglie italiane ha toccato il livello più basso da quando esiste l’euro (al 7,3% del reddito disponibile). Questo dato getta una luce diversa che su alcuni degli aspetti che vanno bene, per esempio i consumi.
Gli elementi positivi: consumi, export, occupazione
- I consumi di beni e servizi in Italia vanno bene e non solo quelli legati al turismo, in piena ripresa. Gli acquisti di beni durevoli (per esempio un’auto o un elettrodomestico) sono cresciuti del 2% nel primo trimestre sui tre mesi precedenti e del 6% in un anno. Questi sono prodotti comprati dai residenti, non dai turisti. Ma comprati probabilmente rinunciando a un po’ del risparmio tradizionale degli italiani: di qui il calo del tasso di risparmio. Probabile dunque che l’erosione del potere d’acquisto di salari e stipendi, dovuto all’inflazione, freni i consumi nei prossimi mesi.
- Va bene l’export, in parte anche grazie a un certo recupero di competitività delle imprese manifatturiere. Nei quattro anni fino al marzo scorso il fatturato dell’export verso la Francia è cresciuto del 39% (in termini nominali), mentre l’import del 34%. L’export verso la Germania è cresciuto del 43%, praticamente in linea con l’import. Quello verso gli Stati Uniti è esploso in quattro anni del 59%, mentre l’import dagli Usa è rimasto fermo in valore. E anche il fatturato dell’export verso la Cina nei quattro anni fino al marzo scorso è cresciuto del 60%, mentre l’import è salito un terzo di meno. Dunque l’Italia sta tornando a sviluppare un attivo nella bilancia commerciale con l’estero dopo la crisi energetica.
- Anche per questo si registra la notizia decisamente migliore in questa fase per l’economia italiana: mai prima dell’aprile scorso c’erano stati nel Paese 24,44 milioni di occupati, grazie soprattutto a un record di occupazione femminile che ormai sfiora i dieci milioni di unità. Siamo ai livelli fra i più bassi d’Europa, ma in miglioramento: il minimo indispensabile per affrontare un ritorno dei tassi d’interesse alla normalità degli anni precedenti la crisi finanziaria.
(Fonte: Corriere Economia)
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