È bastato che Tesla annunciasse il lancio di un supercomputer, Dojo, per la guida autonoma totale e il mondo della finanza si è subito cimentato a capire quanto potesse aumentare il valore della società di Elon Musk. C’è chi come Morgan Stanley è arrivato a quantificare in 600 miliardi l’incremento. Cifra che fa comprendere quanto un mercato dei capitali funzionante sia decisivo per spingere l’innovazione e la crescita. Una preoccupazione che si è riflettuta anche nelle parole dei ministri francese e tedesco, Bruno Le Maire e Christian Lindner al Financial Times. I due ministri hanno lanciato, settimana scorsa, una sorta di appello all’Ue affinché si proceda sul mercato unico dei capitali. Se se si vuole accelerare sul fronte della transizione digitale e green, l’Europa avrà bisogno di raccogliere capitali. Considerando anche che negli ultimi dieci anni da una sostanziale parità nelle quotazioni, oggi in Europa si è scesi alla metà di sbarchi in Borsa, rispetto agli States. Servono semplificazioni. Bisogna rendere più attrattivo e meno burocratico il mercato Ue dei capitali. Un orientamento che anche nel nostro Paese dovrebbe prevalere.

Lo Stato non può pensare di fare tutto, abbiamo bisogno di risorse private. Stiamo facendo le mosse giuste per attrarle? Abbiamo un atteggiamento orientato al mercato che faccia sentire gli investitori tranquilli e dia loro certezze? Dovremmo chiederci se la Borsa di Milano, entrata a far parte del circuito francese Euronext, sia agevolata nel suo lavoro di luogo di incontro tra investitori, risparmiatori e aziende. O se invece si stia preparando nuova burocrazia. In discussione in Parlamento ci sono misure che dovrebbero rispondere a queste domande. Vanno in questa direzione? Le autorità, anche politiche, stanno adoperandosi per attirare aziende e investitori alla Borsa? Si sta tentando di far rientrare quelle molte aziende quotate all’estero ma nate e profondamente radicate in Italia? Si stanno prospettando loro percorsi e agevolazioni?

(Fonte: Il Sole 24 ore)