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Pagamenti, crescono i ritardi nei pagamenti

Non sarà uno tsunami, ma la marea si sta alzando per le imprese italiane, che nel primo trimestre di quest’anno tornano a vedere aumentare i ritardi nei pagamenti: bisogna attrezzarsi, selezionando i clienti in base al merito di credito, favorendo i pagamenti digitali e coprendosi sui rischi. Lo dicono imprese come Vibac, Towa Pharmaceutical, Sammontana e Ruffino, che hanno di recente partecipato all’evento «Studio Pagamenti 2023: i pagamenti commerciali tra inflazione e instabilità internazionale» organizzato da Cribis, società del gruppo Crif, trasmesso in streaming su Corriere.it.

Accanto a notizie positive, come la ripresa dell’export, è emerso l’allarme sulla regolarità dei pagamenti delle imprese rilevate da Cribis. Benché nel 2022 i pagamenti puntuali siano tornati a circa il 41% del totale, nel primo trimestre 2023 si registra un aumento dei ritardi gravi oltre i 30 giorni, arrivati al 9,5%. Come dire che un’azienda su dieci è in una situazione critica. «L’Italia mostra ancora un differenziale importante rispetto ad altri Paesi europei, soprattutto con la Germania —, nota Macro Preti, amministratore delegato di Cribis —. Ci troviamo in uno scenario complicato, tra un’inflazione che può impattare sulla produzione e il rischio di contrazione del credito bancario». E poi c’è l’incognita default, con il tasso di fallimenti che, in aumento nell’ultimo anno, è arrivato al 2,4 per cento (pubblico più creditizio). «Siamo su valori gestibili e ancora al di sotto del 3,5% pre-pandemia, ma l’attenzione va tenuta alta — avverte Simone Mirani, general manager operations di Crif Ratings —, anche perché i livelli di indebitamento sono cresciuti e in alcuni settori, come le costruzioni e l’agricoltura, hanno superato i valori precedenti l’emergenza Covid».

Che cosa c’è di buono? L’andamento dell’export, nota Alessandro Terluzzi, capo economista di Sace. Le esportazioni sono salite del 20% nel 2022 e del 13% nel primo bimestre 2023. In più, c’è un maggiore utilizzo del factoring, che rappresenta il 35% degli impieghi a breve termine: «supporta la liquidità delle imprese e permette di stabilizzare le linee di finanziamento», ha detto Ruxanda Valcu, vicepresidente di Assifact. Nessun allarme rosso, dunque, ma l’incertezza, per ora, prevale su un 2023 che richiede alle imprese di mantenere alta l’attenzione alla cassa. «Serve cautela», dice Preti.

La view degli imprenditori: Towa Pharmaceutical

Tra i settori in difficoltà c’è quello farmaceutico che, a differenza della convinzione popolare, ha sofferto anche durante il Covid. «Le aziende del comparto, a meno che non erano case farmaceutiche che producevano vaccini, tamponi o dispositivi per l’igiene, si sono trovati in difficoltà - nota Marco Mamone, finance director B2C Europe Controlling di Towa Pharmaceutical –. Il sistema sanitario nazionale è andato in tilt e le prescrizioni di farmaci tradizionali ha rallentato. Inoltre, va anche considerato che una parte non irrilevante della filiera del farmaco inizia la sua evoluzione dalla Cina. E, quando Pechino ha cominciato a chiudere, tutta la filiera ha avuto difficoltà nell’approvvigionamento. Difficoltà che proseguono ancora oggi, anche perché quella farmaceutica è un’industria energivora, che ha dovuto rallentare i processi di produzione dopo gli eventi più recenti. Inoltre – aggiunge –, operiamo in un settore a prezzi bloccati, regolamentati, in cui non è possibile trasferire la pressione inflativa sul consumatore finale. Certo, durante il Covid le farmacie hanno incassato parecchio, ma sono piccole imprese, con un fatturato medio di 1,2 milioni, che rientrano nel cluster di quei soggetti più fragili».

La view degli imprenditori: Sammontana

Con riferimento all’aggravarsi dei ritardi di pagamento, Francesco Poggesi, direttore crediti e contratti di Sammontana, spiega come questo trend abbia riguardato soprattutto il settore alberghiero e della ristorazione. «La grande distribuzione, dove abbiamo una dilazione media dei pagamenti di 60 giorni, non ha fatto registrare ritardi significativi – spiega –. Sul canale horeca (hotellerie-restaurant-café, ndr), invece, tutta la filiera si è bloccata per diverso tempo. La difficoltà è stata ripartire nel post pandamia, ma oggi di positivo c’è che nella maggior parte dei casi siamo tornati ai livelli pre-pandemici, a livello sia di volumi di fatturato sia di tempi medi di incasso. Il dato medio dei pagamenti nel mercato horeca è di 20 giorni – precisa –. Tuttavia, c’è una parte importante che non è ben strutturata e che ha ribaltato tutte le difficoltà della pandemia sul fornitore, chiedendo dilazioni fino anche a 90 giorni».

La view degli imprenditori: Ruffino

Con riferimento al mercato estero, invece, Damiano Belli, finance manager di Ruffino (l’azienda che produce grandi vini toscani, oltre a vini bianchi e prosecco nel Veneto, ha fatturato 130 milioni di euro, di cui il 90% al di fuori dei confini nazionali, dal Nord America al resto d’Europa), spiega come i Paesi nordici siano quelli più puntuali nei pagamenti: «negli ultimi anni abbiamo avuto richieste per allungare i termini di pagamento a 60-90 giorni, ma alla fine le regole vengono rispettate. In Italia, invece, dove siamo esposti al 69% sul settore horeca, c’è un termine massimo di 60 giorni, che però non viene rispettato». Discorso a parte per gli Stati Uniti, dove l’azienda deve fare i conti con l’effetto regolamentazione: «non possiamo vendere direttamente al consumatore finale, ma dobbiamo passare per l’importatore americano, che a sua volta si rivolte poi ai distributori locali», puntualizza Belli.

La view degli imprenditori: Vibac group

Sempre con riferimento al mercato estero, Fabrizio Lazzari, european credit manager di Vibac group, conferma la maglia nera dei Paesi latini dell’Europa e, parlando in maniera specifica dell’Italia, sottolinea le maggiori difficoltà delle imprese del centro sud. Ma anche nei Paesi più virtuosi qualcosa sta cambiando, «con richieste di aumento delle condizioni di pagamento anche da parte di Uk e Francia – spiega Lazzari –. Uno spunto interessante, poi, è quello della Germania, che notoriamente è uno degli Stati più virtuosi. Nel nostro caso, però, ci sono sempre state richiede delle doppie condizioni di pagamento: a 14 giorni, con uno sconto sul prezzo finale, o con termini più lunghi. E se prima veniva privilegiata la scadenza a 14 giorni, nell’ultimo periodo la preferenza va ai 60 giorni, pagando comunque sempre nei tempi. È come se avessero scoperto il valore della dilazione», conclude.

 

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