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Paradossi italiani tra cessioni (Saras) e addii (Stellantis)

Che posto occupano l’industria e in generale le imprese nella scala delle priorità dei decisori politici nazionali? Temiamo che non siano ai primi posti. Che fine ha fatto la vicenda Stellantis dopo i fuochi di polemiche a colpi di dichiarazioni sferzanti dall’una e dall’altra parte? Non si tratta di accanimento. Ma di attaccamento alla storia di questo Paese. Oltre che a questioni puramente economiche e di crescita. Un Paese che ha fatto la storia dell’auto nel mondo non può assistere senza fare nulla al progressivo restringimento delle attività in quel settore. 

Il soft power legato all’industria

E’ questione di soft power, di capacità cioè di colpire l’immaginario dei nostri partner internazionali con la propria capacità di creare vetture che un tempo imitate in ogni angolo del mondo. Ma anche di innovazione grazie a soluzioni produttive e tecnologiche influenzavano interi settori industriali. Si dovrebbe incalzare Stellantis sugli investimenti che intende fare nel nostro Paese. Si dovrebbero avviare contatti con altri produttori di auto che possano usufruire della filiera nazionale. La parola magica “investimenti”, alla quale è legata una cresciuta sostenibile, è stata quella meno ascoltata in questi mesi di presunto dibattito sul settore. 

 
 

L’esempio Renault al Nord della Francia 

Al Nord della Francia in un’area di 300 chilometri la Renault sta creando una sorta di distretto per l’auto elettrica. Tutto ciò costa. 2 miliardi di investimento. Ma da uno stabilimento a Douai che produceva 20 mila auto nel 2021 si è passati a una capacità di 350 mila auto. E c’è da immaginare che Luca De Meo, il capo italiano di Renault, l’abbia fatto immaginando costi competitivi rispetto alle produzioni in altri Paesi. Anche perché in questi mesi sta andando verso il rinnovo del suo mandato quadriennale in scadenza. Del resto l’Italia è un Paese che di fronte alla cessione di una delle due aziende private nazionali tra le prime 20 per ricavi (la Saras dei Moratti, l’altra è la Ferrero), riesce solo a parlare di quella foglia di fico che è il golden power e non degli assetti strategici industriali di una regione (la Sardegna) e di un settore (l’energia).


(Fonte: Corriere Economia)

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