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Pmi sul mercato, l’occasione da non sprecare

Una volta si diceva che erano pronte, o almeno avevano le caratteristiche adatte a quotarsi, almeno mille società rappresentative dell’economia italiana. Ma i mille non sono mai partiti da Quarto per conquistare il risparmio made in Italy. Più o meno le società che abitano Piazza Affari viaggiano intorno a quota 420. Meno della metà. Da gennaio si sono affacciate Bertolotti, Egomonia, Espe, Palingeo e Krusocapital. Tutte matricole dell’Euronext growth Milan, il mercato, si legge sul sito della Borsa Italiana, «dedicato alle Pmi dinamiche e competitive, in cerca di capitali per finanziare la crescita grazie ad un approccio regolamentare equilibrato, pensato per le esigenze di imprese ambiziose».

Storie di imprese che hanno voglia di crescere, di aprire nuovi mercati e che vogliono affiancare alla finanza bancaria, quelle degli investitori, istituzionali e privati. Ma può davvero bastare? Le regole più leggere sono un incentivo efficace per convincere gli imprenditori più riluttanti, ma forse manca ancora qualcosa. E tutti puntano sugli effetti sulla nuova riforma delle regole appena varate. Però deve mancare ancora qualcosa se molti continuano a preferire di quotarsi altrove.

 

L’altro giorno il Tesoro ha collocato il 2,8 per cento dell’Eni, un’operazione in pieno stile mercato che ha avuto molto successo. E che racconta di una trasformazione realizzata attraverso le privatizzazioni: è stata proprio l’uscita graduale o totale dello Stato dalle aziende prima possedute che ha consentito a Piazza Affari di fare il grande salto. Comit, Credit, Ina, Imi, Stet-Telecom, Poste Italiane Terna, Snam, Enel, Eni, poi Enav, Monte dei Paschi, solo per citare alcune delle aziende che hanno alimentato volumi e peso della Borsa Italiana.
Ecco, quello che negli anni Novanta è stato il salto del mercato dovuto all’ingresso delle società pubbliche oggi andrebbe fatto con l’ingresso delle società che rappresentano il tessuto imprenditoriale indicato con grande orgoglio come made in Italy. Serve uno sforzo che coinvolga banche, sgr, investitori di lungo termine. A meno che non si voglia considerare persa la partita delle mille quotazioni. Sarebbe un vero paradosso per un Paese campione mondiale del risparmio.
Ultima prova: pochi giorni fa si sono concluse le fasi di collocamento del Btp Valorenelle quattro edizioni sono stati raccolti oltre 30 miliardi. Certo, i titoli a reddito fisso non sono le azioni di società in crescita, ma il divario di attenzione degli investitori si può ancora colmare. A patto che la selezione dei gruppi da quotare sia efficace e attenta. Ancora una volta sarà lo Stato a dare un segnale forte sulla strada del mercato azionario, con la prossima tranche delle Poste Italiane e con il cantiere del collocamento delle azioni delle Ferrovie dello Stato. Un’operazione molto articolata, destinata a diventare il punto di riferimento in Europa.
Ma la vera svolta non può che arrivare dalle pmi.

 

(Fonte: Corriere Economia)

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