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Tassa sugli extraprofitti, lo stupore delle banche: potrebbe costare 2,8 miliardi

Stupore e perplessità nei corridoi delle banche e tra le scrivanie delle sedi sindacali. La tassa sugli extraprofitti che si era volatilizzata tra le brezze della primavera, ieri è rispuntata come un fulmine a ciel sereno nel caldo estivo. E ha colto di sorpresa tutti nel mondo del credito. Nessuna comunicazione preventiva. L’Abi, l’associazione delle banche italiane, non commenta. Effettivamente è molto presto: il provvedimento, fa notare qualcuno, non è ancora approdato in Gazzetta Ufficiale e quando lo farà andrà convertito in legge entro 60 giorni dal Parlamento. Che però chiuderà per ferie, per cui i tempi si dilateranno almeno fino ai primi di settembre.

Difficile azzardare delle stime. Ma ci si può provare. Nel 2021 gli istituti di credito hanno totalizzato 38,4 miliardi di euro di margine di interesse e 45,5 miliardi nel 2022. La variazione da prendere in esame sarebbe di 7,1 miliardi; ritenendo verosimile che sia stata superiore al 3% del valore dell’esercizio 2021 come considerato dalla legge, l’applicazione di un prelievo del 40% a livello di sistema porterebbe virtualmente nelle casse dello Stato 2,8 miliardi. Ancora impossibile da stabilire il margine di interesse del 2023, anche se è altamente probabile che supererà i 45,5 miliardi dell’anno scorso. Possibile che a questo punto le banche — sic stantibus rebus — provino ad aggiustare i bilanci, mostrando a fine anno che il costo della raccolta è salito a scapito del margine. Ma nel complesso la somma potrebbe arrivare a superare i 4 miliardi.

Secondo quanto si apprende da fondi di governo, invece, il prelievo dovrebbe far raccogliere all’esecutivo dalle banche più di due miliardi. Una simulazione di CityBank, uscita ad aprile quando la tassa aleggiava nell’aria, ipotizzava un impatto per le banche italiane del 13% sull’utile netto del 2023.; lo studio però ricalcava la norma introdotta in Spagna la scorsa estate che contemplava oltre al margine di interesse anche le commissioni. A febbraio Santander, CaixaBank, Sabadell, Bankinter, Unicaja, Abanca, Kutxabank e Cajamar avevano staccato al governo di Madrid un assegno di 3 miliardi per la super imposta. In Italia l’idea di una tassa sugli extraprofitti girava già nel corso dell’esame parlamentare dell’ultima Finanziaria, quando si era studiato di introdurla per finanziare un tax credit destinato a tagliare le commissioni versate dai negozianti sui Pos. Un prelievo fu invece stabilito dal decreto legge 133 del 2013 (addizionale Ires dell’8,5%) per coprire l’abolizione dell’Imu sulla prima casa.

 

(Fonte: Corriere Economia)

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